domenica 22 novembre 2009

Introduzione all'Archeologia industriale

Questa disciplina nasce negli anni cinquanta e sessanta in Inghilterra, dove la deindustrializzazione e l'abbandono dei luoghi produttivi che erano stati il simbolo della rivoluzione industriale fanno emergere la necessità di una tutela di quel patrimonio storico; il giornalista e scrittore inglese Kenneth Hudson è ritenuto il maggiore divulgatore di questa disciplina che, come egli stesso tiene a specificare, non può godere di totale autonomia dal momento che essa si intende presentare come punto di incontro tra metodi ed interessi diversi.

Dal punto di vista metodologico l'archeologia industriale degli inizi era, come si è detto, vera e propria archeologia, seppure esercitata senza una vera e propria attività di scavo, perché il suo unico riferimento erano i resti materiali dell'età industriale, l'ossatura esclusiva della disciplina. (…) Se in Inghilterra gli archeologi industriali dei primi periodi rivolgevano una spiccata attenzione verso gli aspetti tecnologici del monumento, cioè quelli relativi alla sua costruzione, in altri contesti, come quello italiano, i primi passi dell'archeologia industriale sono stati dominati da una visione esclusivamente storico-architettonica (…). 1


Possiamo affermare che una prima maniera di considerare l'archeologia industriale si riduce “sostanzialmente alla funzione di registrazione, di catalogazione dei monumenti industriali, funzione resa ancora più positiva ed essenziale dal timore e dalla consapevolezza dei rischi di distruzione, quasi sempre concretizzatisi, che correvano edifici, macchine e paesaggi industriali” 2.
L'archeologia industriale, applicata al fenomeno della meccanizzazione e quello della razionalizzazione, si occupa in generale della storia industriale ma è in grado di offrire la giusta attenzione allo studio delle forme architettoniche degli stabilimenti, l'analisi dei macchinari e delle forme di organizzazione del lavoro e delle produzioni ed infine del contesto ambientale e sociale entro cui si sviluppa il processo di industrializzazione.


In fondo, l'archeologia industriale ha per oggetto le testimonianze più caratterizzanti della civiltà delle macchine, ed è nostro compito scegliere quali testimonianze affidare per campione ai posteri; provvedere alla memoria storica e non affidarla soltanto al caso, alle forze della natura. (…) Siamo consapevoli che promuovere al rango di monumento gli oggetti, i territori, le fabbriche, i paesaggi dell'archeologia industriale, cozza contro la nozione più convenzionale della tipologia del monumento così come si è configurata attraverso lo stesso processo di rivalutazione che viene dal secolo XIX, cioè il monumento religioso, civile, artistico (…). 3


Il concetto di monumento industriale porta a privilegiare, soprattutto, una certa attenzione estetica ed architettonica rivolta al manufatto industriale; quello di area industriale è, invece, un efficace strumento per tenere presente la totalità dell'ambiente circostante, al fine di “evidenziare le interrelazioni più o meno dirette tra le risorse e la loro utilizzazione industriale, tra innovazione, impatto, intervento industriale e condizioni ambientali preesistenti” 4.
Queste realizzazioni, le quali rimangono vive nella continua evocazione del loro passato, devono essere catalogate e descritte, seguendo la prassi più tipica delle indagini di tipo archeologico. Gli stessi limiti cronologici, precedentemente, rappresentano un problema notevole per il semplice fatto che impongono all'archeologia industriale “di non uscire dagli ambiti, un po' ristretti, compresi tra la rivoluzione industriale settecentesca e la recente rivoluzione informatica”
5.
L'archeologia industriale nasce in Italia attraverso il primo Convegno Internazionale di Archeologia Industriale, organizzato a Milano dal 24 al 26 giugno del 1977.


Sono gli anni da noi del successo di Braudel, dell'interesse per la storia della vita comune, quella non scritta contrapposta alla storia esclusivamente politico-diplomatica. E non trascurerei l'interesse tutto italiano per lo studio delle tradizioni popolari e del mondo contadino: E sono anche gli anni in Italia dell'abbandono da parte dei monopoli industriali dei grandi complessi di tipo ancora ottocentesco, del rifiuto operaio e poi del tramonto rapido della catena di montaggio, e della crescente reazione della gente all'ultimo stadio della società tecnologica. 6


Nelle parole dello storico dell'arte Eugenio Battisti, sono questi elementi che spiegano il rapido fiorire di pubblicazioni sull'archeologia industriale nel nostro paese.
Sono pochissime le aziende che affrontano i problemi riguardanti la conservazione delle strutture dismesse e, ancora meno, quelli della salvaguardia del patrimonio documentario amministrativo e tecnico; in Italia, a partire dagli anni ottanta, cominciano le prime ricerche in questo settore e, progressivamente, aumentano le pubblicazioni specializzate.
Nel suo ampio studio sul capitalismo pre-industriale a livello mondiale, Fernand Braudel insiste molto su alcuni degli elementi riguardanti la storia del lavoro che stanno alla base della riflessione storica sulla tecnica; l'analisi del concetto di «fabbrica» e le osservazioni rivolte alla situazione pre-industriale europea rappresentano un momento di particolare interesse per il discorso che noi intendiamo intraprendere. Il modello della «fabbrica meccanizzata», la quale dispone della potenza dell'acqua corrente e successivamente del vapore, si accosta perfettamente alla realtà del secolo XIX.


Si potrebbe pensare che la manifattura si diffonda per propaggine dall'interno all'esterno, via via che cresce; in realtà, avviene piuttosto il contrario, quando si pensi alla genesi stessa della manifattura. Sovente, in città, è lo sbocco di reti di lavoro a domicilio, il luogo dove, in ultima istanza, si perfeziona il processo di produzione. (…) Dunque sono una serie di operazioni finali quelle che vengono raccolte in un edificio destinato in seguito a crescere. 7


Riportando la riflessione di Braudel nel tracciato del discorso nostro di un opificio che si occupa della lavorazione del tabacco, il forte legame che almeno fino ad un certo periodo rimane con la campagna e la vita agricola che lo circonda è indicativo di quanto si debba parlare più correttamente di «manifattura», cioè di una fabbrica che in uno stesso stabilimento concentra tutta la manodopera, ma lo si debba fare con qualche riserva. La necessità da parte dello Stato oppure, come avviene successivamente di un privato, di potere accrescere la produttività e migliorare la qualità del prodotto spingono nella direzione del lavoro di fabbrica; lentamente il legame con il mondo contadino, il quale rimane stretto anche dopo la costruzione della Manifattura di Borgo Sacco, si va dunque recidendo.


L'industrializzazione comporta infine una mutazione delle strutture mentali collettive e quindi la ricerca archeologico-industriale avrà per oggetto non la civiltà materiale, ma anche l'intera storia degli uomini in società (…). 8


L'analisi economica e tecnica del prodotto, grazie alla quale è necessaria la comprensione della realizzazione dello stesso oggetto materiale, nel momento in cui incontra il problema dell'organizzazione del lavoro non può che rivolgersi alla questione della psicologia del lavoratore e quella della società che lo circonda. Gli stessi oggetti materiali si fanno in questo senso “portatori di messaggi che, travalicando il dato materiale, tendono ad evocare suggestioni relative alla storia della mentalità e della società” 9.
Come sottolinea poco prima Giorgio Pedrocco nel medesimo saggio apparso nel 1991 introduttivo al volume relativo all'archeologia industriale dell'Emilia-Romagna e delle Marche, lo stesso irrigidimento all'ambito industriale appare, inoltre, fortemente riduttivo per questa disciplina la quale deve continuamente fare i conti anche con altri settori economici; nel nostro caso sono di notevole interesse quello agricolo ed il settore manifatturiero ed artigianale. Il concetto della interdisciplinarietà è, dunque, centrale, non solo sotto il profilo della temporalità, dal momento che compiere un indagine archeologica dell'industria non significa limitarsi ad una semplice descrizione dei dati materiali, ma al compimento di un lavoro di questo tipo devono necessariamente contribuire una serie di altre discipline: la storia politica e la storia economica, la storia della tecnica e quella del lavoro, l'analisi delle trasformazioni territoriali assieme a quelle della società e della sua mentalità, si intrecciano ed abbracciano assieme qualsiasi discorso si voglia compiere su di un oggetto dell'archeologia industriale.
Non bisogna mai trascurare il carattere dell'archeologia industriale intesa come conquista dell'uomo; da qualsiasi punto di vista l'argomento sia trattato, dunque, è l'uomo l'oggetto principale della nostra curiosità.



1I. Tognarini, A. Nesti, Archeologia industriale. L'oggetto, i metodi, le figure professionali, Carocci editore, 2007, p. 158
2Ivi, p. 146
3A. Negri, M. Negri, L'archeologia industriale, Casa editrice G. D'Anna, 1978, p. 125
4 I. Tognarini, A. Nesti, Archeologia industriale. L'oggetto, i metodi, le figure professionali, Carocci editore, 2007, p. 164
5G. Pedrocco, Archeologia industriale. I segni e il patrimonio, in, AA.VV., Archeologia industriale in Emilia Romagna-Marche (a c. di G. Pedrocco, P. P. D'Attorre), Amilcare Pizzi Editore, 1991, p. 12
6 E. Battisti, Archeologia industriale. Architettura, lavoro, tecnologia, economia e la vera rivoluzione industriale (a c. di F. M. Battisti), Jaca Book, 2001, p. 31
7 F. Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo (secoli XV-XVIII). I giochi dello scambio, Giulio Einaudi Editore, 1981, p. 323
8G. Pedrocco, Archeologia industriale. I segni e il patrimonio, in, Op. cit., p. 12
9 Ibidem

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